E’ il 24 dicembre ed è metà pomeriggio, devo ancora finire di comperare gli ultimi regali e tornare a casa per cucinare per il pranzo di domani.
Il centro di Milano, come da tradizione, è immerso nel traffico, ma l’atmosfera natalizia e soprattutto lo spirito natalizio che mi pervade oramai da ottobre, fanno si che tutto il caos e il frastuono non mi infastidiscano ma mi sembrino parte dell’atmosfera.
Per gli ultimi regali decido di provare un nuovo indirizzo, è in pieno centro proprio accanto al Duomo ed è molto grande, non amo andare nei negozi delle grandi catene, e questo si sviluppa addirittura su 27 piani, ma me ne parlano come di un posto incantevole, dove potrò trovare ogni volta quello che ho bisogno, e che una volta provato non lo lascerò più.
Un po’ titubante entro, c’è una sorta di percorso obbligato, che porta in ascensore fino all’ultimo livello per poi scendere piano per piano e visitare tutti gli ambienti.
Devo dire che come sono uscita dall’ascensore, tutto rispecchiava quanto mi avevano anticipato, uno spazio aperto con scaffali non troppo alti che permettevano di avere la visione completa e soprattutto di poter godere, attraverso le grandi vetrate esterne, della spettacolare vista sulla città.
Bellissimi i prodotti, molto ben esposti ed anche l’atmosfera e le decorazioni natalizie veramente incantevoli, non c’era nemmeno tanta gente, quindi era molto piacevole girare e guardare quanto esposto.
I piani successivi erano tutti organizzati nello stesso modo, man mano che si scendeva, però, la visione dalle ampie vetrate era sempre meno affascinante, il panorama meno profondo e le prospettive non sembravano più arrivare all’infinito, ma erano interrotte dagli edifici che si facevano sempre più fitti, chiudendo la visione e le prospettive si annullavano per lasciare spazio alle facciate degli edifici attorno.
Più si scendeva e più la sensazione di chiusura, mancanza di luce naturale e oppressione dovuta agli scaffali che diventavano sempre più alti per esporre sempre più prodotti diventava soffocante, inoltre le persone aumentavano sempre più.
Arrivata al piano terra credevo di svenire, il caldo asfissiante toglieva il respiro, la gente intorno era troppa, presuntuosa, arrogante e supponente, non vedevo l’ora di uscire di lì per non tornarci mai più, ma avevo trovato un abete in uno dei piani dedicati al giardinaggio, quasi buttato in un angolo e messo in svendita, solo perché con un ramo spezzato, volevo uscire per sempre da quel posto infernale, ma non potevo fino a che non riuscivo a pagare quel pino, avevo sempre desiderato un abete nel cortile della mia casa e quello era perfetto, inoltre volevo salvarlo da quel delirio di luogo.
Esco stremata che sono le 19:42, ed è tardissimo, non ho risolto nulla e devo ricominciare dal principio per trovare quello che manca, così decido di fare a modo mio, e mi dirigo in un quartiere storico non lontano dal centro, tutto è più a misura d’uomo, ricco di atmosfera, tradizione e piccole botteghe nelle quali poter parlare tranquillamente con gli artigiani e i gestori, scegliere, farsi consigliare e trovare la soluzione giusta per ogni esigenza di regalo mi mancasse.
La gentilezza e la cortesia che incontrai mi ricaricarono, tornai quindi all’auto, fissai l’abete sopra il tetto e mi diressi verso casa soddisfatta per quanto fatto fino a quel momento, anche se sapevo che la parte più complicata che mi attendeva era l’organizzazione del pranzo che avrei dovuto affrontare da sola.
Tornando a casa cominciò ad arrivare un po’ di foschia, vedevo abbastanza bene la strada ma non tanto quello che avevo intorno, questo dava una sensazione di smarrimento, accesi quindi il navigatore dell’auto per non rischiare di sbagliare strada.
Ad un certo punto, mentre iniziava a piovere con una certa intensità, trovai una strada interrotta e dovetti seguire la deviazione indicata. Guidavo, seguivo i cartelli con la scritta “deviazione” e in parallelo ascoltavo il navigatore della macchina, ma ero un po’ perplessa perché mi proponeva una strada che non mi sembrava di aver mai percorso, sembrava una specie di spirale che girando su se stessa portava ad un centro che ipotizzavo fiduciosa fosse la mia meta, casa.
Man mano che proseguivo la pioggia si trasformò in neve, ed attorno vedevo comparire della vegetazione, sempre più fitta, fatta prevalentemente da conifere. Avevo come la sensazione di vedere di tanto in tanto delle luci fra i rami, ma pensai che fossero i riflessi dei fanali sui cristalli di giaccio formati dalla neve.
Durante il tragitto mi capitò si vedevano spesso delle costruzioni strane con grandi cupole e colori intensi, la visibilità era scarsa, dovevo concentrarmi sulla guida per non uscire di strada, ma i colori erano talmente belli che si notavano anche se sbirciavo con la coda dell’occhio, fino a che mi trovai difronte una di queste costruzioni con una grande cupola, questa non era colorata, sembrava di vetro e dentro un grande pupazzo di neve, così bello che mi venne di pensare che sembrava di essere all’interno di un Albero di Natale.
Accanto a questa cupola di vetro c’era una persona, una donna con un cappuccio ampio che ricordava quello di Babbo Natale, le chiesi se sapeva dove portava quella strada, e lei rispose che mi portava dove dovevo andare. Continuai a salire lungo quella strada e dal navigatore sembrava che dopo due curve sarei giunta a casa.
Per quanto quella strada fosse molto bella, avevo veramente voglia di arrivare, per rilassarmi un po’ e riprendermi dalle fatiche della giornata, ma quando il navigatore dell’auto pronunciò “sei arrivato a casa” non mi sembrava proprio che ci fossi arrivata. Dovetti scendere per capire dove mi trovavo, il buio, la neve che scendeva copiose e una lieve foschia che offuscava la vista mi facevano sentire ancora un po’ spaesata, ma avevo la sensazione di sapere dove mi trovassi, senza però riconoscere il luogo, una folata di vento spazzò via la foschia e vidi in lontananza un panorama magnifico, limpido, le luci della notte illuminavano fino all’orizzonte e la sensazione che mi trasmetteva quella vista era molto rasserenante.
Vidi ad un certo punto una figura di spalle appoggiata ad un palo alto e colorato di rosso e mi avvicinai, non capivo bene chi fosse, ma i lineamenti mi erano familiari, quando la raggiunsi si voltò, si vedevano solo gli occhi, sciarpa e cappello coprivano tutto il viso, erano bellissimi, il colore mi ricordava le sfumature di alcune pietre viste in una delle botteghe, in cui avevo fatto acquisti e mi persi in quella profondità, quegli occhi mi trasmettevano sicurezza, passione, serenità, dolcezza e sincerità. Non riuscivo a capire chi fosse la persona che avevo di fronte, ma allo stesso modo mi sentivo a mio agio come solo con le persone che si conoscono ci si può sentire, poi allungò una mano per carezzarmi il viso, senza distogliere il suo sguardo dal mio, potevo sentire il calore rassicurante della sua mano sempre più vicino alla guancia chiusi gli occhi per riceverla quando un suono come di campanelli mi destò da quel bellissimo momento…
…aprendo gli occhi mi ritrovai sul mio divano di casa, avvolta nel tepore di una calda e morbida coperta di lana e sul viso il calore della fiamma del camino che scoppiettava a poca distanza da me, mi carezzai quella guancia ripensando a quella carezza che chiudendo gli occhi attendevo di ricevere in quello che capii era stato un sogno meraviglioso e sorridendo a quella dolce sensazione guardai il mio Albero di Natale, riconobbi la strada che avevo percorso, i luccichii tra i rami, la donna col cappuccio di Babbo Natale, le costruzioni colorate con grandi cupole, il palo rosso in cima, ripercorsi quel tragitto magico, tra funghi, ghiande, pupazzi di neve, lucine e palline variopinte alla ricerca di quei due occhi meravigliosi, ma niente. Di nuovo lo scampanellio di prima, realizzai che era il campanello della porta, guardai l’ora, ed erano le 19.42, i regali erano già incartati e la cena quasi pronta, pensai a quanto fosse stato bello quel sogno e di nuovo il campanello mi riportò definitivamente alla realtà.
Andai ad aprire, qualcuno girato di spalle si stava allontanando, nevicava e faceva freddo, ma udendo la porta che si apriva si girò tornando indietro, come nel sogno era tutto coperto per il freddo e la neve, ma non mi intimoriva, più si avvicinava e più sapevo chi fosse, giunto di fronte a me non ebbi più dubbi, ecco quegli occhi, ecco di chi erano!
La magia del Natale, quel momento dell’anno in cui tutto sembra essere possibile, e in un certo senso lo è, ci è stato inculcato per cultura che a Natale si deve essere tutti più buoni, come se per il resto dell’anno si fosse esentati dall’esserlo, questo però rende possibile l’avverarsi di sogni piccoli o grandi perché spesso chi ci ama li conosce e cerca di sorprenderci esaudendo quello che gli è possibile esaudire. Altri desideri dipendono da noi, e siamo solo noi gli artefici della loro realizzazione. Altri ancora sembrano essere indipendenti da noi, sembrano essere sogni o desideri legati al fato o al destino, ma in realtà il fato o il destino non siamo altro che noi stessi, siamo noi che inconsciamente avendo un desiderio agiamo di conseguenza affinché questo si realizzi, e quando avviene, quasi sempre non ci rendiamo conto che la magia, è avvenuta perché noi abbiamo consciamente o inconsciamente fatto tutto per vederne la realizzazione.
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